Ad oggi il Berghain rappresenta molto di più di un singolare fenomeno sociale: la scriteriata selezione al suo ingresso, l’assenza di specchi al suo interno, così come il divieto a fotografare e catturare ogni soggetto, non sono solo alcune delle caratteristiche che hanno contribuito alla sua mitopoiesi, compongono anche un assemblaggio di Spazio e Corpi al cui interno viene spezzato il circolo vizioso per il quale il consumo si definisce come la continua e relativa cattivazione e liberazione degli istinti.
In un’epoca in cui all’Architettura non sembra esser destinato alcun ruolo attivo nella dissipazione delle istituzioni che assoggettano i Corpi, il Berghain pone all’architetto una questione fondamentale: come ripensare la disciplina in virtù delle sue potenzialità latenti, emancipandola dalla retorica della bellezza per renderla funzionale meno alla ripetizione continua dello status quo, che ad un’emancipazione collettiva.
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