Marco Navarra insegna presso l’Università di Catania. Fondatore dello studio NOWA, è autore di Repairingcities (2008), Lo-fi: Architecture as curatorial practice (2010), INWALKABOUTCITY 2.0 (2012), LINEA D’OMBRA. 1978-1984: Adolfo Natalini tra il Superstudi...
Marco Navarra insegna presso l’Università di Catania. Fondatore dello studio NOWA, è autore di Repairingcities (2008), Lo-fi: Architecture as curatorial practice (2010), INWALKABOUTCITY 2.0 (2012), LINEA D’OMBRA. 1978-1984: Adolfo Natalini tra il Superstudio e l’Architettura (2013), Architetture/Archeologie (2016), Le città di Robert Adam (2018). Ha esposto alla Biennale di Venezia, alla Triennale di Milano, alla Fondazione Mies van der Rohe di Barcellona, al CCA di Montreal. È stato finalista al Premio Mies van der Rohe (2003) e al BSI Swiss Architectural Award (2008). Ha vinto la medaglia d’oro per l’opera prima della Triennale di Milano (2003) e il premio Gubbio (2006). I progetti dello studio NOWA sono stati pubblicati su riviste di architettura internazionali (Lotus, Domus, Abitare, Interni, A+U, AD, C3, Paiseia, A10). Per la casa editrice LetteraVentidue dirige le collane Costellazioni. Scritture dell’Architettura, Libri Primi e, con Alessandro Rocca, Diagonali.
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Liliana Adamo, architetto per errore, crede di essere cieco o almeno trova nella presunta cecità la giustificazione al suo confuso stato emozionale nei confronti della disciplina. Tra i suoi traghettatori Giancarlo De Carlo, Guy Debord e Henri Laborit che ha la responsabilit&...
Liliana Adamo, architetto per errore, crede di essere cieco o almeno trova nella presunta cecità la giustificazione al suo confuso stato emozionale nei confronti della disciplina. Tra i suoi traghettatori Giancarlo De Carlo, Guy Debord e Henri Laborit che ha la responsabilità di averla iniziata alla biologia comportamentale. Oggi è alle prese con il dottorato, le parole chiave della ricerca sono: deserto e retro innovazione. Temi già indagati nella tesi di laurea dal titolo Instanbility_Paesaggi di trasformazione verso il paradigma di resilienza. Tutto ciò che è sperimentale, radicale e speculativo alimenta la sua curiosità. Come Henri Laborit «prova un certo scetticismo nei confronti di ogni descrizione personale espressa con linguaggio cosciente» e consiglia di non prendere sul serio le parole su scritte.
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Op. cit. 165 // Maggio 2019