Parigi, i ruggenti anni Venti: entrare al Théâtre du Vieux-Colombier e trovarvi proiettati gli studi di Lucien Bull sul ralenti, o entrare allo Studio 28 fresco di inaugurazione e trovarsi immersi in una cristallizzazione di sali minerali proiettata in trittico. Ancora, varcare le soglie di una delle sedi della Filmliga olandese e assistere alla proiezione seriale di sensuali fioriture, o prendere parte alla quarta performance della London Film Society dove un film radiografico ne precede uno sulle gesta del più crudele tra gli insetti, il dytiscus.
Frequentemente presente al cuore di quell’esperimento estremamente moderno che è la pratica di programmazione di ciné-club e sale specializzate che negli anni Venti spuntano come funghi nelle maggiori città europee, il film scientifico si trova in quegli anni a essere anche investito di un ruolo cruciale nella costruzione dell’avanguardia cinematografica.
è soprattutto in virtù delle tecniche speciali che sviluppa – ralenti e accelerato, microcinematografia e riprese subacquee – che esso può arrivare a rivendicare un suo posto nella riflessione sulla specificità del medium, catalizzando la formazione di alcuni concetti chiave delle teorie estetiche dell’epoca.
Perché l’avanguardia è così magneticamente attratta dal film scientifico?
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