Città e personalità non sono mai stati termini facilmente associati. Storicamente lo spazio urbano è sempre stato considerato il riflesso di un’identità collettiva che rappresentava l’inclinazione naturale dell’essere umano al vivere in comunità. Eppure, secondo Lewis Mumford, è proprio qui che l’ideale di personalità ha preso corpo, in un processo millenario di costruzione di senso. Città personali è il racconto di questo processo dal punto di vista spaziale, una fenomenologia minima sulle forme e sui mezzi con cui il progetto dello spazio pubblico ha provato a rendersi pienamente abitabile, da tutti come da ognuno. Dalle panche di via rinascimentali alle real-time cities, attraverso l’analisi della conformazione dello spazio personale nei luoghi pubblici, il testo segue le tracce del singolo abitante nel progetto urbano, per suggerire un punto di vista diverso e dichiaratamente parziale sulle strategie e sugli strumenti necessari a costruire uno spazio pubblico più aperto e inclusivo.
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