Questo libro racchiude la spiegazione di un surreale rimedio euclideo e si configura come un protocollo sanitario non consequenziale utile per indagare – e fare – architettura. In forma di bugiardino di una medicina, il volume cerca di affrontare la posologia delle figure bidimensionali nel mondo costruito e si interroga sulle possibilità chiaroscurali dell’espressione formale. Si precisa che il farmaco è confezionato per il progettista euclideo ma non solo, se ne consiglia l’assunzione anche a colui che volesse abbracciare la causa geometrica, perché la terapia aiuta con una modalità apparentemente scientifica ma, in realtà, olistica e verosimile. Parafrasando Gio Ponti, è un ideario di un modo di fare architettura nel suo momento fondante: quello dell’apparizione della forma, con l’obiettivo di diffondere questo approccio, attraverso la sua ironia, anche negli ambiti professionali, dove sembra che l’atto ideativo sia divenuto una lontana deriva, un esito di un processo di omologazione che rischia sempre di più di concorrere a un vero e proprio impoverimento del progetto.