La potenza drammatica del teatro en plein air non è affatto accessoria o decorativa […]. Il luogo naturale non si limita a fornire allo spettacolo una cornice […]; lo costituisce nella sua singolarità, nella sua più preziosa fragilità, e contribuisce in modo determinante a renderlo memorabile. […] La natura offre alla scena l’alibi di un altro mondo, la sottomette a un cosmo che la sfiora con i suoi riflessi imprevisti. Roland Barthes, Poteri della tragedia antica, 1953
Il teatro greco di Siracusa si adagia armoniosamente in una singolare conformazione orografica dell’altopiano dell’Epipoli come immenso palcoscenico aperto su un panorama di estrema bellezza: il porto grande delimitato dall’isola d’Ortigia e dalla penisola del Plemmirio, la pianura del fiume Anapo a sud e il profilo dei monti Climiti a ovest ne sono il fondale naturale. Una visione mutata nel tempo: il paesaggio agreste che si era impossessato delle vestigia della città greca subisce l’avanzare della città contemporanea; il teatro greco, a sua protezione, si fa scudo con una cortina verde, annullando la vista compromessa. Lo scheletro roccioso – derivato dalla asportazione degli elementi lapidei destinati alla grande opera muraria cinquecentesca che avrebbe circondato Ortigia – si presenta come la struttura che, confermando le sue qualità di “teatro totale”, ha accolto gli allestimenti INDA degli ultimi cento anni. Il rapporto teatro/città è sugellato in questo studio attraverso connessioni visive e restituzioni illusive: tra patrimonio mitico, finzione scenica, archeologia, realtà urbana e società.
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