Francesco Gastaldi e Federico Camerin pubblicano per la prima volta nell’ambito degli studi urbani italiani una monografia sul tema della dismissione delle proprietà immobiliari del Ministero della Difesa in connessione con le questioni di rigenerazione urbana a scala nazionale. Quest’analisi multidisciplinare è basata su una minuziosa analisi dei (mancati) riusi prospettati dalla lunga stagione normativa che ha caratterizzato la gestione degli asset militari non più utili ai fini istituzionali della Difesa, in cui convergono politiche pubbliche e di governo del territorio, relazioni interistituzionali tra attori statali, territoriali e partnership pubblico-private. Gli autori trattano nel libro molte sfaccettature relative alla dismissione e al riuso, compresi gli aspetti relazionati con i concetti di patrimono, urban austerity e vuoti urbani. Il volume riflette su un arco temporale vasto a partire da una riflessione sui due programmi di dismissione militare proposti nel 1972 e 1989 (non attuati). Attraverso i decenni e i vari decreti legge, decreti legislativi, leggi finanziarie e leggi emanate dai governi italiani succedutisi nel tempo, gli autori interpretano dettagliatamente la normativa ed i relativi programmi e progetti di riuso fino al 2019. L’interpretazione della vicenda normativa ha avuto forti ripercussioni a livello territoriale perché ha lasciato veri e propri luoghi interdetti in tutta Italia. Gastaldi e Camerin decifrano i motivi dell’interminabile abbandono cui sono sottoposti i patrimoni militari. Sebbene ubicati in aree appetibili dal punto di vista del mercato immobiliare, questi ambiti rimangono imprigionati in una specie di catena la cui chiave rimane nascosta, rendendo (anzi, mantenendo) impenetrabili i confini delle zone invalicabili. Alcuni spunti di riflessione nascono spontaneamente dopo la lettura del libro. In primo luogo si costituisce come una sorta di trait d’union di tutta una serie di riflessioni diffuse a livello internazionale e nazionale dagli anni ’90 ad oggi e che sfocia nell’interpretazione delle raison d’être che sono correlate alla lunga e farraginosa stagione relativa alla dismissione. In secondo luogo, potremmo pure affermare che il volume costituisce un riferimento fondamentale per chiunque risulti interessato alla comprensione del prolungato abbandono dei patrimoni immobiliari militari, le cui informazioni (superfici, volumetrie, anno di inutilizzazione, abbandono, ecc.) molto spesso sono coperte dai cosiddetti “segreti militari”. In terzo luogo, la monografia si rileva come strumento essenziale per esperti nel campo architettonico, legislativo ed urbanistico che fossero interessati a eseguire studi mirati e approfonditi su casi di studio concreti. In quarto luogo, il libro pubblicato a fine 2019 segna inconsapevolmente un “prima” e un “dopo” in merito alle questioni di rigenerazione dei cespiti ex militari. La pandemia del 2020 sta cambiando i paradigmi del modo di fare città e quindi il libro “chiude” il cerchio di analisi relative a politiche, programmi e piani che riguardano le ex aree militari nel periodo pre-Covid-19. I due autori, oltre ad interpretare lo status quo delle vicende dei patrimoni ex militari, propongono visioni e approcci che potrebbero essere in grado di scardinare i fattori d’inerzia nella restituzione delle ex enclave militari alla società civile, ma alla base di tutto ci dovrebbero essere scelte ragionate di politiche pubbliche stabili nel medio-lungo termine che in Italia non si vedono ormai da decenni. Gli obiettivi finanziari prevalgono su quelli di governo del territorio, la necessità di rimpinguare le casse statali e ridurre il debito pubblico basandosi sulla vendita degli asset pubblici appare come una pratica messa in moto in altri contesti stranieri, ma sarebbero necessari ulteriori studi per capire quanti di questi patrimoni militari siano stati davvero rifunzionalizzati in altri paesi. Come sottolineato a livello internazionale da Ashley e Touchton (2016, p. 391) la letteratura pubblicata nell’ambito degli studi urbani “descrive il processo di dismissione e fornisce istantanee delle politiche di dismissione e di riqualificazione caso per caso, ma ci si trova di fronte a una conoscenza poco approfondita di ciò che avviene dopo la chiusura delle aree militari”. Questa monografia, dunque, costituisce un manuale per interpretare i fenomeni di dismissione a livello territoriale e locale, e si affianca alla letteratura che affronta altri tipi di abbandoni. Le aree militari dismesse, effettivamente, si sommano ad altre zone in abbandono scaturite dal cambio di paradigma del fordismo al post-fordismo, dalla crisi del 2007-2008 e, più recentemente, dalla pandemia del 2020.
Riferimenti bibliografici
Ashley A.J. and Touchton M. (2016). Reconceiving Military Base Redevelopment: Land Use on Mothballed U.S. Bases. Urban Affairs Review, 52(3): 391-420. DOI: 10.1177/1078087414568028
(Filippo Zago)
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