Imprinting


Collana ideata e diretta da Antonino Saggio


Dietro a tutte le nostre attività
intenzionali, dietro al nostro mondo domestico, c’è questo paesaggio ideale creato durante linfanzia. Esso attraversa la nostra memoria selettiva e autocensurata, come un mito ed un idillio di come le cose dovrebbero essere, il paradiso perduto da riconquistare

 

Colin Ward

 

 

Imprinting vuole presentare personalità che hanno raggiunto una piena maturità espressiva e che possano dimostrare alla cultura nazionale e internazionale che l’architettura italiana è risorta. Per illustrare questa rinascita la collana sostituisce alla narratività basata sul linguaggio, lo stile, e l’ideologia – come fu negli anni Settanta per La Tendenza di Aldo Rossi e Giorgio Grassi – una narrazione diversa. Innanzitutto un ruolo centrale assume la presenza di un paesaggio nativo – dalle Alpi alla Sicilia – tanto mutevole nelle diverse regioni italiane quanto fonte di ispirazione e di continua riflessione per gli architetti oggetti delle monografie.

 

L’Italia è paese dei mille paesaggi, e questi paesaggi operano all’interno delle personalità sensibili come enzimi del processo creativo: un continuo ripensamento, un rovello creativo, un perenne tradimento dello scontato e del facile. Nessuno come i migliori architetti nostri può far sentire come ciò si trasformi in architettura contemporane, con mille rimbalzi, mille negoziazioni, senza nessuna memoria nostalgica, senza nessun genius loci dato una volta per tutte. Ma ricreando e reinventando ogni volta. Questo processo e questa ricerca verso “un paesaggio ideale” dà il nome alla collana Imprinting

Il secondo aspetto che caratterizza la collana è il legame che gli architetti oggetti delle monografie intessono con un particolare maestro italiano, una sorta di padre ideale. Questo legame dimostra quanto ricca di idee e di insegnamenti sia stata la nostra cultura architettonico e quanto essa sia ancora feconda.

L’ultimo aspetto riguarda lo sviluppo concreto del progetto. Chi nel disegno a mano libera, chi nei plastici in creta, chi nella pittura, chi nelle possibilità dell’informatica, chi in un rapporto maieutico con la clientela, ciascun architetto ha sviluppato un particolare “come” del progettare che è di stimolo, riflessione e forse emulazione per i lettori ancora nella loro fase di formazione.

La nuova architettura italiana non è risorta sulle ceneri di un approccio linguistico, ma al contrario ha compreso come fare leva sulla ricchezza e sulle varietà dei suoi paesaggi, sulla vitalità della propria cultura architettonica e sulla trasformazione delle difficoltà di questo nostro paese in risorse per l’architettura.