Urban Structuring è un libro emblematico e profetico. Attraverso la descrizione di alcuni progetti esemplari, gli Smithson presentano una metodologia fondata sulla tecnica del “selezionare e disporre” che, grazie a un sapiente gioco di “mostrare e nascondere”, rilegge le articolazioni delle città secondo principi lontani dalla vulgata moderna. Il concetto di “as found”, maturato negli anni precedenti con la mostra Parallel of Life and Art nel 1956 e l’istallazione Patio & Pavilion del 1959, aveva mutato radicalmente la loro visione sulla città.
L’estetica dell’“as found” derivava direttamente dalla frequentazione intensa, nei primi anni Cinquanta, con Eduardo Paolozzi e Nigel Henderson. Le passeggiate nei quartieri operai dell’East London con Henderson e Paolozzi fecero scoprire agli Smithson un mondo quotidiano che non immaginavano. Con le sue fotografie della vita a Bethnal Green, Henderson insegnò agli Smithson a guardare le cose in modo nuovo. Non è un caso che Urban Structuring si apra con le foto di Henderson che insegue le figure volatili dei bambini trascinati dal vortice del gioco dentro le grafiche disegnate coi gessetti sulla strada.
Possiamo considerare il concetto di “as found”, non solo il chiavistello con cui gli Smithson hanno scompaginato e riorganizzato la tradizione del moderno, ma come uno strumento di lettura e descrizione di tutti quei fenomeni informali che continuamente scardinano le logiche urbane consolidate per aprire nuove strade e nuove possibilità di vita. In questa prospettiva l’“as found” degli Smithson — che potremmo sintetizzare nelle operazioni di “raccogliere, osservare e mettere insieme” — appare ancora oggi come un attrezzo concettuale fondamentale per affrontare le sfide del futuro che richiedono un radicale cambiamento dei paradigmi del progetto.